venerdì 19 febbraio 2010

LA COSCIENZA SI TROVA NEL CERVELLO? a cura di Andrea Boni.

Questa volta, grazie all'indicazione della cara collega Dott.ssa Diana Vannini, mi sono imbattuto in un interessantissimo articolo pubblicato su un blog specializzato di Neuropsicologia (QUI).
Di seguito riporto integralmente l'articolo per comodità:

"Alla base dell'assunto dell'esistenza di una correlazione fra coscienza e attività neurale misurabile con gli strumenti della neurofisiologia vi sarebbe una profonda confusione filosofica”... Lo sostiene Ray Tallis, dell'Università di Manchester, sul New Scientist (R. Tallis, You won't find consciousness in the brain, New Sci, 7/1/2010). La gran parte dei neuroscienziati e dei filosofi della mente “vedono avvicinarsi il giorno in cui saranno finalmente in grado di spiegare tutti i misteri della coscienza umana attraverso l'osservazione dell'attività del cervello”. Allo stesso tempo, “una minoranza contesta questa ortodossia”, principalmente mettendo in discussione la “precisione” delle correlazioni fra le misure indirette dell'attività cerebrale e le funzioni mentali, caratteristica saliente degli studi finora condotti in questo complesso campo di indagine. Nel 2009 uno studio pubblicato da Harol Pashler e colleghi su Perspectives on Psychological Sciences aveva messo in evidenza e dubitato delle “troppo elevate correlazioni” fra attività del cervello e vari costrutti psicologici (peraltro “raramente illustrate a dovere”, a detta degli Autori) riscontrate nei paper di comunicazione dei risultati di ricerche condotte con risonanza magnetica funzionale (fMRI) nel campo della cognizione sociale, delle emozioni e della personalità. Il vero problema però, per come la vede Tallis, non è tanto nelle “limitazioni tecniche” degli strumenti, destinate a essere temporanee visto l'incalzante progresso delle neuroscienze, quanto nel metodo di indagine adottato, fondato a suo giudizio su una “confusione filosofica profonda”. Secondo il professore di Manchester infatti, sarebbero ancora numerosi gli aspetti della coscienza ordinaria che "resistono" alla spiegazione neurologica e “il fallimento dei tentativi di spiegare la coscienza in termini di attività nervosa non è dovuto a limiti tecnici facilmente superabili, ma alla natura auto-contraddittoria del compito, di cui l'incapacità di spiegare la contemporanea unità e molteplicità della consapevolezza, l'avvio dell'azione, la costruzione del sé, il libero arbitrio, la presenza esplicita del passato (non ammessa in un sistema fisico; le sinapsi, in quanto strutture fisiche, lavorano solo a stati presenti) ecc. non sono che i sintomi”. La ragione fondamentale della “incompletezza o irrealizzabilità” di qualsiasi spiegazione in questi termini sarebbe legata alla “disgiunzione fra gli oggetti della scienza e i contenuti della coscienza: la scienza incomincia proprio nel momento in cui rifugge dall'esperienza soggettiva, l'esperienza in prima persona, preferendovi la misurazione oggettiva che ci allontana dal fenomeno della coscienza soggettiva verso il regno in cui le cose sono descritte in termini quantitativi astratti". Questo modo di procedere - conclude Tallis - scarterebbe d'ufficio proprio i contenuti essenziali della coscienza che si vuole spiegare...Una curiosità: Ray Tallis non è un filosofo, è un medico della Academy of Medical Sciences. Questo articolo ci rimanda ad una riflessione pubblicata proprio su questo Blog (QUI), in cui venivano criticati i metodi di indagine della scienza positiva, basati sulla misurazione sperimentale, oggettiva, quando applicati per descrivere i fenomeni della coscienza. La cultura Antico Indiana, infatti, afferma che non è possibile descrivere la coscienza con i sensi (o con loro estensioni, quali possono essere anche i più moderni strumenti di misurazione), bensì è possibile spiegare questo fenomeno fondamentale della personalità solo con la coscienza stessa! Ovvero attraverso una visione interiore, quella a cui è possibile accedere mediante la meditazione. La coscienza non risiede nel cervello, di cui le sinapsi con i loro collegamenti risultano essere un effetto (quelli che Tallis chiama i sintomi), ma nella parte più profonda della personalità, l'atman, il sé che trascende ontologicamente la natura transitoria effimera del corpo. Parliamo quindi di due piani di valutazione differenti, non in contrapposizione, perché ovviamente il cervello con le sue connessioni interviene nel fenomeno Coscienza, ed infatti, più propriamente, dovremmo in tal caso definirla “coscienza condizionata”, poiché la natura pura della coscienza (cit), si trova ad essere condizionata (cittah) a causa della presenza del materiale psichico sottile e delle connessioni strutturate (“l'hardware” celebrale costituito dalle interconnessioni di sinapsi). Come Krishna spiega nella Bhagavad Gita (VII.4-5): “Terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza e falso ego – questi otto elementi, distinti da Me, costituiscono la Mia energia materiale. […] Oltre a questa energia ne esiste un'altra, la Mia energia superiore, costituita dagli esseri viventi che sfruttano le risorse dell'energia inferiore, la natura materiale”. Le energie ontologiche sono due: materia (prakriti) ed il sé (purusha). Il sé può essere conosciuto solo con il sé, non con la materia, altrimenti si cade in una contraddizione, come evidenziato dal Prof. Tallis. Riflessioni di questo tipo, espresse da importanti ricercatori come il Prof. Tallis, evidenziano il dibattito tutt'ora aperto sul tema della coscienza, e le diverse contrapposizioni presenti. La Cultura Antico Indiana, in questo senso, costituisce un importante contributo per tutti i ricercatori aperti a visioni che possono integrare e migliorare le attuali conoscenze.

lunedì 8 febbraio 2010

LA RELIGIONE IMPEDISCE DI RAGIONARE?
A cura di Andrea Boni.

Quest'oggi come di consueto ho aperto i siti Internet di alcuni dei più importanti quotidiani per leggere le notizie e tenermi informato. E' una pratica che adotto da tempo per dedicare 15-30 minuti alla lettura degli articoli più interessanti. Mi sono imbattuto in una notizia il cui contenuto non è nuovo, certamente, ma visto il tono e i temi che abbiamo deciso di trattare in questo Blog non potevo ignorare. La notizia riporta alcune dichiarazioni di Umberto Veronesi circa la religiosità che riporto integralmente di seguito così come pubblicato sul Corriere della Sera.


MILANO - La religione impedisce di ragionare mentre la scienza vive nella ricerca della verità. Sono mondi molto lontani. Umberto Veronesi, nel corso di Sky Tg24 Pomeriggio, ha spiegato i motivi che, da scienziato, lo hanno portato ad allontanarsi dalla fede. «Scienza e fede non possono andare insieme - ha affermato l' oncologo - perché la fede presuppone di credere ciecamente in qualcosa di rivelato nel passato, una specie di legenda che ancora adesso persiste, senza criticarla, senza il diritto di mettere in dubbio i misteri e dogmi che vanno accettati o, meglio, subiti».

«INTEGRALISTA» - Secondo Veronesi, infatti, la religione, per definizione, è integralista, mentre la scienza vive nel dubbio, nella ricerca della verità, nel bisogno di provare, di criticare se stessa e riprovare. In sostanza, è la sua tesi, si tratta di due mondi e concezioni del pensiero molto lontani l'uno dall'altro, che non possono essere abbracciati tutti e due. Nel corso della trasmissione l'oncologo ha poi ricordato di venire da una famiglia religiosissima, «ho recitato il rosario tutte le sere fino ai 14 anni», ma di aver deciso di allontanarsi, nei primi tempi con grande difficoltà, dopo aver esaminato a fondo tutte le religioni. «Perché - ha concluso - mi sono convinto che ogni religione esprime il bisogno di una determinata popolazione in quel momento storico». (Fonte: Ansa)

Il connubio Scienza e Fede ha caratterizzato la dialettica degli ultimi millenni. Già Tommaso D'Aquino si occupò di questo importantissimo aspetto, infatti. Probabilmente le esperienze spirituali di Veronesi sono state davvero traumatiche e dispiace leggere tali contenuti un poco “chiusi” e limitati da una mente intelligente e colta. La mia esperienza con la Scienza appartiene alla “tradizione” occidentale: laureato in Ingegneria Elettronica, Dottorato di Ricerca in Ingegneria Elettronica ed Informatica, Ricercatore presso l'Università di Trento con studi sulle Reti Neurali e modelli di apprendimento Automatico, Docente di Elettronica dei Sistemi Digitali presso la stessa Università. Davvero tanta razionalità e Scienza nel mio Curriculum! La mia esperienza con la spiritualità appartiene prima alla tradizione Cattolica, poi, più recentemente alla tradizione Induista con matrice Vedico-Vaishnava. Ebbene posso dire che se la religiosità, o meglio la spiritualità, viene vissuta in modo dogmatico e fideistico allora si impedisce di ragionare. Ma allo stesso modo impedisce di ragionare un certo tipo di scienza quando imposta secondo concezioni guidate da fattori che esulano da una libera interpretazione della ricerca. Siamo sicuri che oggi la ricerca sia proprio libera? La Tradizione dello Yoga, per esempio, ma anche in tutte le tradizioni autentiche, in cui si cerca con sincerità l'evoluzione dello spirito che porta ad una reale armonizzazione della personalità, propone un metodo che consente di migliorare tutte le componenti della psiche, intelligenza inclusa, attraverso una continua analisi del proprio avanzamento e attraverso un metodo esatto di evoluzione spirituale. Posso dire da scienziato di avere trovato una Scienza esatta nella spiritualità dell'India Antica, che non impedisce di ragionare, ma anzi la ragione (Vedanta) si coniuga in modo armonico con la fede e la devozione (Bhakti) verso il Divino. Ciò è espresso chiaramente nella parola sanscrita “Bhaktivedanta”. L'invito a tutti i ricercatori sinceri è di non mettere delle barriere intellettuali a priori, ma di rimanere versatili e aperti, con spirito critico costruttivo, a tutti quei contenuti autentici che possono davvero migliorare la nostra vita.