venerdì 8 gennaio 2010

SCIENZA E VEDANTA - LA FORMA UMANA
E L'EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA (PARTE QUATTORDICESIMA).
A cura di Andrea Boni.

(La Tredicesima Parte è consultabile QUI)

Il Linguaggio Logico-Razionale e la Descrizione del Piano Assoluto.
L'argomento è alquanto affascinante e ha coinvolto filosofi e pensatori fin dall'antichità. In particolare anche Badarayana dedica un Sutra all'inizio della sua opera per trattare l'argomento. Esistono infatti alcuni testi delle Scritture Sacre che mostrano che l'Assoluto, il Brahman, è ineffabile, al di là di ogni logica empirica e pertanto non è conoscibile e non è esprimibile a parole.





In particolare la Taittirya Upanishad (II.4.12) afferma:

Dal [Brahman] le parole arretrano insieme con il pensiero senza averlo attinto.

Nella Kena Upanishad (I.5) troviamo:

Ciò che non è espresso dalla parola
e che per mezzo della parola è espresso,
quello solo è conosciuto come Brahman;
non ciò che [il volgo] venera come tale.

Sembrerebbe quindi che il piano assoluto, la Realtà nella sua globalità (il Brahman secondo le Upanishad), non è esprimibile a parole. Badarayana afferma:

Sutra I.1.5
Ikshaternashabdam

Ikshateh –perché è visto, Na – non, Ashabdam – inesprimibile.

[Il piano Assoluto, Il Brahman] non è inesprimibile a parole,
poiché i Veda stessi lo insegnano - 5

Commentario Scientifico.
La parola ashabdam utilizzata nel Sutra significa in cui o circa cui la parola non può penetrare o su cui non si può esprimere. Il Brahman non è ashabdam. Al contrario è shabdam, o esprimibile a parole. Perché? Ikshateh, “perché è visto”. Infatti le Upanishad stesse in altri passaggi affermano che al Brahman è assegnata la suggestiva designazione aupanishada; la quale significa che il Brahman è conosciuto attraverso le parole delle Upanishad, ad esempio come citata nella Br.Up. (III.9.26):

Ti chiedo della persona insegnata nelle Upanishad.

Qui l’oggetto della ricerca, la “persona” insegnata dalle Upanishad è chiamata Upanishada, ovvero conosciuta attraverso le Upanishad. Il Brahman, dunque, è esprimibile a parole, infatti troviamo anche il seguente testo della Shruti “Colui che tutti i Veda citano, ecc” (Katha II.15??). E’ anche vero che il Brahman è detto essere ashabdam, ovvero ineffabile, ed è da intedenrsi che non è completamente esprimibile attraverso una logica. Così, come la montagna Meru è detta essere invisibile, nel senso che nessuno la può vedere interamente, ma non significa che è interamente invisibile, allora anche il Brahman è detto essere indescrivibile o inesprimibile, nel senso che non è completamente descrivibile. Se fosse totalmente non conoscibile, allora nella Kena Upanishad non avremmo trovato scritto “conosciLo come essere il Brahman”, perché non è possibile conoscere l’inconoscibile. Inoltre nella frase “da cui la parola torna indietro”, il termine yatah, mostra che la parola non lo raggiunge dopo che lo ha realizzato un poco; la stessa idea è espressa dalla parola aprapya, “che non lo afferra”. Inoltre è scritto che il Brahman rivela se stesso attraverso i Veda. Questa idea non entra in conflitto con la nozione che il Brahman si auto rivela. Infatti in qualche modo i Veda sono il corpo del Brahman. Conseguentemente il Brahman è descrivibile a parole. In questo verso si esprime quanto precedentemente affermato riguardo la valenza del linguaggio logico-razionale. Esso è utile per descrivere una parte della realtà, o meglio, per creare dei modelli rappresentativi di quella che sembra a noi essere la realtà, ma non è sufficiente per descrivere completamente piani di consapevolezza superiori. In questo caso occorre utilizzare un linguaggio diverso con specifiche differenti: il linguaggio interiore, quello della coscienza. Le Scritture Sacre sono una rappresentazione del linguaggio interiore di persone illuminate che hanno “visto” la realtà in modo più completo e che cercano di descriverla. L'uso di differenti linguaggi è tipico anche del mondo dell'informatica. Infatti non esiste un linguaggio di programmazione degli elaboratori che vada bene per qualsiasi applicazione. Potremo usare un linguaggio specifico per progettare l'hardware al livello più basso (il linguaggio VHDL o il VERILOG), un linguaggio per applicazioni generiche, (il linguaggio c o il linguaggio c++), uno per gestire flussi informativi e database (ad esempio l'SQL), ed un altro ancora per progettare applicazioni specifiche multimediali (ad esempio per l'oggi tanto diffuso iphone, come i linguaggi java o object-c e tanti altri ancora). Per ogni contesto occorre utilizzare uno specifico linguaggio. Allo stesso modo Il linguaggio logico-razionale non può spiegare tutto. E' sicuramente utile, ma solo in certi contesti e assolutamente inefficace in altri. Può aiutare a descrivere qualcosa della realtà nel suo insieme, ma non tutto. Ecco quindi l'importanza delle Scritture Sacre (autorevoli). Esse aiutano a descrivere modelli che altrimenti non possono essere espressi. Chiaramente non possono tuttavia descrivere totalmente il piano assoluto.

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