mercoledì 8 luglio 2009

SCIENZA E VEDANTA - LA FORMA UMANA
E L'EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA (PARTE TERZA).
A cura di Andrea Boni.

(La Seconda Parte è consultabile QUI)

Sutra 1.1.1
Athato brahma-jijnasa

Atha - ora, atah - ordunque, brahma-jijnasa - la ricerca del Brahman
.

Ordunque [intraprendiamo] la ricerca sul Brahman(1).

Commentario Scientifico.
Questo primo, famoso sutra, ‘ordunque [intraprendiamo] la ricerca sul Brahman’, definisce subito la natura e lo scopo dell’intera opera: la ricerca e l’analisi della Verità assoluta. Il termine atha indica un momento cruciale, di passaggio; nel suo significato di ‘ora, adesso’, sottolinea l’irrimandabilità della ricerca da intraprendere, nel caso esplicito del Vedanta una ricerca spirituale, per scoprire la natura del sé, dell’universo e di Dio. Atha è un avverbio particolarmente significativo anche perché questo ora è la chiave di apertura ad una realtà superiore. I sutra sullo Yoga e sul Karmamimamsa, due dei sei darshana del pensiero classico indiano, esordiscono in maniera del tutto simile1. La persona non più condizionata dalle forze dell’energia materiale vive costantemente nel presente, un presente dilatato, senza limiti, dinamico, caratteristica del “tempo non tempo” della dimensione spirituale. L’esortazione di apertura si può dunque leggere anche come un invito esplicito al discepolo da parte del Maestro di spiccare il volo, di fare un definitivo salto di qualità e di passare, così, dalla dimensione umana a quella sovrumana o spirituale. Secondo Ramanuja e Nimbarka il termine atha, da interpretare come ‘dunque, poi’, significa “dopo l’acquisita consapevolezza del karma e dei suoi frutti”, intendendo con ciò che i frutti delle azioni, per quanto buoni, hanno comunque sempre natura limitata ed effimera; la persona saggia, avendo compreso in maniera profonda questo concetto, si dedica alla ricerca del Brahman, l’unica, suprema realtà in grado di concedere il conseguimento dell’eterna beatitudine. Per Shankara invece, atha ha il significato di “dopo l’ottenimento dei quattro prerequisiti”, che sono: il discernimento tra ciò che è eterno e ciò che è temporaneo, il rifiuto della gratificazione sensoriale, il controllo di sé e il desiderio per la liberazione. Secondo il punto di vista scientifico Vedico in totale esistono 8.400.000 specie di vita (che includono tutte le varietà di microrganismi, vegetali, animali e esseri umani) raggruppate tenendo conto di livelli simili di coscienza. Secondo questa visione la forma umana è raggiunta solo dopo aver sperimentato milioni di differenti varietà di corpi nelle varie specie. Quindi la visione vedantica implica il concetto di biodiversità come processo naturale per consentire di sperimentare la vita a differenti livelli di coscienza e quindi procedere gradualmente nella scala evolutiva passando da livelli inferiori a livelli via via superiori secondo le leggi sottili del karma. In questo senso la visione evoluzionistica del vedanta si oppone alla teoria di Darwin secondo cui l'evoluzione procede secondo canoni strettamente biologici. Le specie di vita sono degli archetipi coscienziali presenti nel progetto cosmico, e ciascun essere prenderà uno specifico corpo secondo una logica strettamente coscienziale piuttosto che biologica. E' la coscienza che evolve e che rende possibile sperimentare una particolare forma di vita piuttosto che un'altra. Questo concetto è espresso molto bene nella Bhagavad-gita (XIII.22):

Purushah prakriti-stho hi
Bhunkte prakriti-jan gunan
Karanam guna-sango 'sya
Sad-asad-yoni-janmasu

“Così l'essere vivente segue, nell'ambito della materia, i diversi modi di vita e gode delle tre influenze della natura materiale. Ciò è dovuto al contatto con questa natura. Incontra così il bene e il male nelle varie specie”.

Non è una selezione naturale o una mutazione genetica casuale la causa della biodiversità, ma una conseguenza del grado di evoluzione dello stato di coscienza. Il sé trasmigra da una specie all'altra finché viene raggiunta la forma umana, da cui è possibile fare il salto finale verso la liberazione dai condizionamenti materiali (moksha). Nella forma umana la coscienza (cetana), l'intelligenza (buddhi), la mente (manas), i sensi (indriya), sono pienamente sviluppati, e costituiscono nel loro insieme uno strumento prezioso per l'emancipazione finale. L'essere è equipaggiato adeguatamente per intraprendere il viaggio più importante dell'intera esistenza, ovvero jijnasa, la ricerca spirituale, la ricerca del Brahman. Qualcosa di simile è stato menzionato da Albert Einstein, il quale ricordava che conoscere i piani di Dio è la ricerca più importante, tutto il resto è mero dettaglio. Tale ricerca interiore porterà gradualmente a riscoprire la relazione (sambandha) che sussiste tra il sé e Dio, riscoprendo così la conoscenza più intima della vera natura ontologica di ogni essere. La Ishopanishad afferma: ishavasyamidam sarvam, tutto appartiene a Dio (Isha), perciò qualsiasi cosa, includendo il lavoro di ricerca di tutti gli scienziati e di tutti i leader mondiali, dovrebbe essere usato per riscoprire questo stretto legame e ripristinare quindi la relazione ontologica tra il Sé ed il sé. Il Bhagavata purana afferma ciò in modo molto chiaro (I.2.8):

Dharmah svanushthitah pumsam
Vishvaksena-kathasu yah
Notpadayed yadi ratim
Shrama eva hi kevalam

“Le occupazioni che ogni uomo svolge secondo la propria posizione sono sforzi inutili se non suscitano attrazione per il messaggio del Signore Supremo”.

In questo contesto le parole “Ora, ordunque”, assumono un significato decisamente importante. Esse indicano che ora, avendo raggiunto la forma umana, così difficile da ottenere e strumento davvero eccelso per la ricerca spirituale, è necessario intraprendere la ricerca del Brahman, ovvero della Verità Assoluta. Con queste parole è quindi espressa pienamente l'esortazione a prendere coscienza della illusorietà della vita e della sofferenza in essa presente. La forma umana è fatta apposta per operare un processo di emancipazione attraverso la realizzazione consapevole della transitorietà dei luccichii della natura materiale, che come pezzi di vetro luccicano e appaiono attraenti a colui che è fagocitato dal potere illusorio di maya. Oggi più che mai, anche dopo aver sperimentato un notevole progresso tecnologico, stiamo testimoniando una dimensione di forte pericolo a causa di guerre, carestie, malattie, crisi ambientale ed economica. Direttamente o indirettamente la causa di tutto ciò è una visione materialistica della vita che ha reso quasi nulli gli alti valori etico-morali quali la compassione, la misericordia, la carità, l'amore per tutte le creature, portando così ad un profondo stato di disagio globale. Il Vedanta fin dal primo sutra esorta quindi ad una presa di consapevolezza della necessità di intraprendere un percorso spirituale al fine di acquisire la piena conoscenza di sé e della Verità Assoluta oltre gli inganni della materia. In questo senso il primo sutra è un messaggio davvero importante per tutta l'umanità.

(1) Negli Yogasutra di Patanjali si esordisce con: atha yoga anushasana: "ora la disciplina dello yoga"; nei sutra del Karmamimamsa la prima esortazione è invece: athato dharma jijnasa: "ordunque, intraprendiamo lo studio del dharma".

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