IL PENSIERO
di Marco Ferrini.
di Marco Ferrini.
Che cos’è un pensiero? E’ esclusivamente chimica cerebrale, il risultato di un “movimento neurale” o un fenomeno che sottintende ad energie più sottili, che utilizzano la struttura bio-neurologica come strumento? Cerchiamo anzitutto di dare una definizione di pensiero, di capire di cosa si tratti. Un pensiero è un oggetto psichico, così come un’idea, un desiderio o un’emozione. Tramite complesse elaborazioni, che avvengono nell’encefalo, sul piano corporeo i loro effetti si possono manifestare con sudorazione, tremito, pallore, arrossamento, brividi e via dicendo, ma la loro genesi è sempre psichica. Se i pensieri sono oggetti, dove risiedono? Esiste un deposito nel quale sono collocati? Chi li produce e da dove vengono? Come la luce e il suono si trasmettono nell’etere, come gli odori vengono trasportati dall’aria, così i pensieri si manifestano e si propagano nella mente. Secondo la scienza psicologica dell’India classica anche la mente è un elemento costitutivo del cosmo, conosciuto nei Veda con il termine Mahat o buddhi, la Mente cosmica. La mente individuale è parte minutissima della mente cosmica ed è un importante strumento a disposizione del sé, una sorta di ricetrasmittente che riceve dati dai sensi e a sua volta li trasmette alle aree più profonde della psiche, individuale e collettiva. Il pensiero è una realtà pre-esistente rispetto agli strumenti fisici, neurologici; è come il suono, sempre presente nell’etere; così come per captare il suono abbiamo necessità di una radio o comunque di uno strumento adatto a recepire e a tradurre quel tipo di segnale acustico, allo stesso modo per recepire, per cogliere un pensiero, già presente nell’etere della mente, abbiamo necessità di una strumentazione adeguata, che in questo caso è costituita dal lobo temporale.
Abbiamo detto che un pensiero è un oggetto psichico, ha la sua realtà psichica e una fondamentale rilevanza nella formazione del carattere e della personalità, che saranno molto differenti a seconda che noi siamo portatori di pensieri di un certo tipo o di un altro. Pensare non è assolutamente qualcosa di astratto e ininfluente, poiché da ciò dipende la buona o la cattiva direzione della nostra vita. Ognuno è ciò che pensa; a tal proposito le Upanishad affermano: “così come pensi, diventi”. Un pensiero è un poliedro dalle molte sfaccettature, eccone due principali: le motivazioni e i contenuti. Va da sé che le motivazioni possono essere positive o negative, esattamente come i contenuti, che possiamo più incisivamente definire reali o illusori. Prendiamo come esempio un tipico slogan: “X crea il vostro stile”. Si tratta di un pensiero falso perché nessuno può creare il vostro stile, solo voi potete creare il vostro, altrimenti quello stile è di chi lo ha creato. Se facessimo pulizia dei tanti pensieri tossici che circolano ovunque e di cui molti di noi si nutrono ogni giorno, ci eviteremmo molti problemi e innalzeremmo considerevolmente la qualità della nostra vita; purtroppo ne siamo sommersi, ciononostante non siamo tenuti ad accoglierli, a fondare la nostra vita su di essi. Che cosa sono i pensieri tossici? Come si riconoscono? Sono quelli che non hanno nessuna attinenza con la realtà, concetti fasulli, strutture di pensiero di mera apparenza, prive di connessione con il reale; pensieri propagati, diffusi, assunti, metabolizzati, senza tener conto delle conseguenze. Come esiste un inquinamento dell’aria, dell’acqua e del cibo, esiste anche un inquinamento psichico, assai più grave e ben più difficile da riconoscere rispetto ai rifiuti tossici fisici, dai quali, volendo, si possono agevolmente prendere le distanze. Ma il pensiero, come abbiamo detto, è costituito anche di motivazioni; la motivazione è il secondo aspetto fondamentale del pensare infatti, se un pensiero che esprime un contenuto reale è fondato su motivazioni negative, quali invidia, rancore, vendetta, a causa della carica emotiva tossica anche quel contenuto reale si corrompe, si distorce, e alla fine rende tossico anche il pensiero.Esistono diversi aspetti del pensare; il darshan Nyaya (logica), ad esempio, ne individua due principali: il primo consiste nell’analisi dei propri pensieri, analisi che avviene interiormente; il secondo consiste invece nella riflessione o nell’esame, che a questo punto si può esternare attraverso l’argomentazione, delle deduzioni derivate dall’analisi. Il pensiero si suddivide inoltre in due fasi: la fase in corso, mentre viene pensato, che produce effetti generalmente sotto il controllo del pensatore, che è quindi in grado di modellarlo, e una seconda fase in cui il pensiero, una volta che è stato “ospite” o creatura del soggetto pensante, scivola nell’inconscio, dove lascia una traccia latente, una registrazione mentale inconscia detta samskara. Ma che succede quando un oggetto psichico scivola nell’inconscio? Si aggrega a contenuti psichici di analoga caratteristica emotiva: paura con paura, gioia con gioia, invidia con invidia e così via. Da quel momento in poi, il “pensiero pensato” diventa autonomo rispetto al soggetto pensante e può agire inaspettatamente anche contro la sua volontà. Nella fase in cui il pensiero viene pensato, il soggetto può ancora intervenire, plasmarlo, ma una volta scivolato nell’inconscio ciò non è più possibile, se non con tecniche speciali che diano accesso a quella parte blindata della psiche profonda. Queste categorie inconsce esistono già, a priori, e assorbono le emozioni a seconda della loro specifica natura; sono come serrature in attesa di chiavi. Questi composti inconsci costituiscono componenti emotive importanti, generano le tendenze caratteriali (vasana) e formano così la base sommersa della personalità. Prendiamo una persona che nutre sentimenti di invidia, gelosia o rancore: anche quando si concentra su altro, i pensieri negativi che hanno originato in lei i suddetti sentimenti non si sono annullati, sono stati solo temporaneamente “eclissati” e, poiché niente si crea e niente si distrugge, tali sentimenti, dall’inconscio, ancor più pericolosamente in quanto subdoli, continuano a generare misteriosi effetti negativi sul piano cosciente. Un numero sempre maggiore di moderni ricercatori nel campo scientifico della fisica quantistica, ritiene che l’universo fisico abbia le proprie coordinate di riferimento in una dimensione più sottile, di natura psichica, definita da alcuni ordine implicito. Secondo la tradizione vedica l’universo è esso stesso costituito di psiche, è energia psichica in espansione, un pensiero complesso la cui condensazione è il mondo fisico, da cui scaturisce l’esperienza empirica. Il tema offre stimoli infiniti, soprattutto perché non riguarda semplicemente dei tecnicismi, ma si rifà a figure, a strutture che si trovano già nella nostra mente, sebbene non siano di facile accesso o non si rivelino nell’immediato. Un termine tecnico in senso psicologico per indicare queste strutture è archetipi, frequentemente utilizzato anche da Jung. Nella scienza dello Yoga, rupa è il piano(1) delle forme, che comprende le forme mentali ma anche quelle psichiche(2), dalle quali il corpo fisico dipende. Il piano rupa dipende a sua volta dal piano di realtà ad esso superiore, la bhumi detta vibhuti(3). Qualsiasi oggetto, come una penna o un orologio, prima di diventare tale è stato un pensiero, un’idea, ha avuto dunque un imprinting psichico. Il mondo fisico, come quello psichico, è carico di energia; ogni oggetto è carico psichicamente e questo flusso di energia psichica prende il nome di pratyaya.Microcosmo e macrocosmo, come spiegano le Upanishad, sono indissolubilmente collegati; gli elementi psicofisici, pensieri e atomi, che costituiscono il microcosmo, corpi umani inclusi, sono gli stessi che costituiscono il macrocosmo; il pensiero individuale tossico va ad aumentare la tossicità della mente collettiva. Mentre sono in molti ad essere coscienti della propria salute fisica, è molto più raro trovare qualcuno che sia consapevole di quanto sta accadendo alla sua salute psichica, perché la cultura nella quale viviamo non dà parametri sufficienti per poterla conoscere e monitorare. La conoscenza della struttura fisica pare destinata a tutti, quella psichica solo a pochi specialisti. Ogni specie, nel mondo animale e vegetale, ha la sua peculiare struttura psichica ed è in forza di quella che prendono forma un uomo, una donna, un rettile, un pesce. Nella Gita (XV.9) si spiega che la struttura fisica di qualsiasi essere vivente ruota attorno a quella psichica. Lo stesso vale per il macrocosmo: tutto ciò che si cristallizza, che prende forma nel mondo, si “appoggia” per così dire, su di un ordine celato, implicito, che poi altro non è se non pensiero. Persone di grande valore hanno dimostrato che esiste molto più di ciò che si vede e si percepisce con i sensi. Vi sono percezioni che vanno ben oltre la portata dell’apparato sensoriale e ci sono persone in grado di accedere a questo tipo di esperienze e di percezioni, ad esempio i mistici autentici. Essi riescono a sfondare il velo dell’apparenza e a penetrare la realtà, entrando nell’essenza delle cose. L’essere umano è potenzialmente in grado di generare pensieri con intenzioni valide, ecologiche e contenuti reali. Questo è il livello di consapevolezza che dovremmo raggiungere, fonte di benessere prima di tutto per il soggetto ma anche per l’ambiente in cui vive. Come la tradizione vedica afferma e come possiamo sperimentare nella pratica, l’essere, la persona, non è la struttura psichica né quella fisica, ma dispone di questi strumenti psicofisici per raggiungere il fine della vita, lo scopo ultimo: il più alto bene-essere, la realizzazione del sé. Più ci avviciniamo al sé, più ciò diventa chiaro e reale; il sé è quel “motore immobile” che gestisce tutto il dinamismo, anche all’interno del paradigma spazio-temporale. Questo motore immobile è l’atman, le cui tre caratteristiche inalienabili sono esistenza, consapevolezza e beatitudine (saccidananda). A causa della rifrazione della luce dell’atman in ahamkara, l’ego distorto, l’individuo si trova a vagare nel mondo cangiante, trasportato dalle onde dell’oceano dell’impermanenza, onde generate principalmente dal pensiero. Perfezionando il proprio pensiero l’uomo può tuttavia modificare la propria azione e conseguentemente raggiungere la propria suprema destinazione: illuminazione, felicità e Amore.
(1) Il termine sanscrito è bhumi.
(2) Con mentale ci si riferisce al piano superficiale della mente, con psichico alla struttura mentale nel suo insieme.
(3) Il terzo dei sette piani o livelli, detti bhumi, descritti nella scienza dello Yoga. Nel caso delle vibhuti l’ambito è di natura energetica.
(1) Il termine sanscrito è bhumi.
(2) Con mentale ci si riferisce al piano superficiale della mente, con psichico alla struttura mentale nel suo insieme.
(3) Il terzo dei sette piani o livelli, detti bhumi, descritti nella scienza dello Yoga. Nel caso delle vibhuti l’ambito è di natura energetica.
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