mercoledì 16 dicembre 2009

SCIENZA E VEDANTA - LA FORMA UMANA
E L'EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA (PARTE TREDICESIMA).
A cura di Andrea Boni.


(Liberamente tratto e modificato da un articolo di Bhakti Svarupa Damodara Swami)

(La Dodicesima Parte è consultabile QUI)

Il Pensiero degli Scienziati circa la presenza di Dio.


Krishna dice nella Bhagavad gita:

Sarvasya caham hrd isannivishto
Mattah smritir jnanam apohanam ca
Vedaish ca sarvair aham eva vedyo
Vedanta-krd veda-vid eva caham

“Sono nel cuore di ogni essere vivente e da Me viene il ricordo, la conoscenza e l'oblio. Il fine di tutti i Veda e quello di conoscerMi. In verità Io sono colui che ha composto il vedanta e sono colui che conosce i Veda”. Bhagavad-Gita 15.15.

E da Quella fonte che arriva la conoscenza più profonda, quella che non può essere compresa sul piano logico razionale che caratterizza il metodo scientifico. Nel caso dell'approccio empirico alla conoscenza la rappresentazione della realtà viene fornita attraverso la formulazione di modelli che in qualche modo cercano definire la struttura della materia in un determinato contesto. Si pensi al caso della Fisica classica. La formulazione teorica è stata dimostrata essere vera solo in determinati contesti, ma non in altri e per questo sé stato necessario formulare nuovi modelli (come la teoria della relatività di Einstein o la meccanica quantistica). Ma si pensi anche ai vari modelli dell'atomo che si sono succeduti nel corso del tempo. Il modello di Bohr è stato successivamente rimpiazzato dal modello di Schrödinger in quanto insufficiente. Questi modelli sono definiti a causa di una mancata comprensione della vera natura della realtà. L'approccio analogo vedantico è chiamato jnana-yoga o aroha-pantha. Certamente, attraverso questo metodo, per uno scienziato sincero e senza pregiudizi, è possibile arrivare alla conclusione che la materia non è la realtà ultima ma che esiste qualcosa di ulteriore, di trascendente, che nella cultura vedantica è rappresentato con la forma impersonale di Dio. Ad esempio Heisenberg disse:

“Certamente come scienziati compiamo errori nelle nostre teorie scientifiche, e ci vorrà ancora del tempo prima che questi errori saranno trovati e corretti. Ma possiamo essere sicuri che ci sarà una decisione finale di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Tale decisione non dipenderà dalla credenza del singolo, dalla sua razza o dall'origine dello scienziato, ma sarà presa da una potenza superiore e sarà applicata agli esseri di ogni tempo … Esiste una coscienza superiore, non influenzata dai nostri desideri, che in ultima analisi decide e giudica.”

Mentre Max Born affermò:

“Ho visto in esso (l'atomo) la chiave dei segreti più profondi della natura, e mi ha rivelato la grandezza della creazione e del Creatore”

Anche Einstein percepiva la presenza di un'armonia globale:

“Io credo nel Dio di Spinoza che si rivela nella ordinaria armonia di ciò che esiste, non in un Dio che si preoccupa del fato e delle azioni degli esseri umani.”

E ancora:

“Una volta in risposta alla domanda: «Lei crede nel Dio di Spinoza?», Einstein rispose così: «Non posso rispondere con un semplice sì o no. Io non sono ateo e non penso di potermi chiamare panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino piccolo che entra in una vasta biblioteca riempita di libri scritti in molte lingue diverse. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri. Egli non conosce come. Il bambino sospetta che debba esserci un ordine misterioso nella sistemazione di quei libri, ma non conosce quale sia. Questo mi sembra essere il comportamento dell'essere umano più intelligente nei confronti di Dio. Noi vediamo un universo meravigliosamente ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo però comprendere solo in modo oscuro. I nostri limitati pensieri non possono afferrare la forza misteriosa che muove le costellazioni. Mi affascina il panteismo di Spinoza, ma ammiro ben di più il suo contributo al pensiero moderno, perché egli è il primo filosofo che tratta il corpo e l'anima come un'unità e non come due cose separate (Brian, Einstein a life, 1996, p. 127).”

“Chiunque sia seriamente impegnato nello studio delle sottili leggi che regolano l'universo si convince che uno spirito è manifesto in esse, uno spirito vastamente superiore a quello dell'uomo (The Expanded Quotable Universe, ed. Alice Calaprice, 2000, originariamente citato in una lettera ad uno studente che chiedeva ad Einstein se uno scienziato prega – Einstein Archive)”

Nel complesso, quindi, Einstein credeva in un Dio impersonale presente nella natura (pur senza identificarsi con essa) in modo misterioso. Fu accusato anche per questo di ateismo dal vescovo di Boston O'Connell e ne soffrì molto. Einstein non ha avuto la possibilità di studiare teologia o spiritualità, tuttavia, proprio grazie alla sua intelligenza acuta, ha potuto comprendere l'esistenza di uno spirito che penetra e sostiene l'universo, e ne regola quindi le geometrie e le leggi perfette (il dharma), e soprattutto ha compreso benissimo che ci sono tante cose nell'universo che non possono essere afferrate sul piano logico-razionale. La nostra intelligenza, non può da sola afferrare l'aspetto profondo del Divino e la sua più intima natura.

Questi sono giusto alcuni esempi di molti che se ne potrebbero fare di come attraverso lo studio analitico del funzionamento della natura materiale e delle sue leggi sia possibile percepire una ulteriorità, una forma di intelligenza che regola tutto il creato, ma anche come tale conclusione comunque sia parziale ed incompleta. Nella Bhagavad Gita Krishna spiega che al fine di conoscere la vera natura della realtà oltre il piano fenomenico tutti gli approcci che non includano la bhakti (il servizio devozionale) sono incompleti e non porteranno mai alla vera conoscenza:

Bhaktya mam abhijanati
Yavan yash casmi tattvatah
Tato mam tattvato jnatva
Vishate tad-anantaram

“Soltanto col servizio devozionale è possibile conoscere Me, il Signore Supremo, così come sono. E quando si diventa pienamente coscienti di Me grazie a questa devozione si può entrare nel regno di Dio”. Bhagavad Gita XVIII.55

In precedenza è stato spiegato che secondo il Vedanta Dio può essere percepito secondo tre differenti modalità: Brahman, Paramatma, Bhagavan. Gli scienziati del livello di Heisenberg e Einstein, dall'alto della loro intelligenza e conoscenza, sono arrivati a percepire il Brahman, che è solo una modalità della realtà trascendente, ma non la definisce completamente. Come spiega Krishna, solo il servizio devozionale (bhakti-yoga) porta a conoscere il trascendente nella Sua forma completa e personale (Bhagavan). Anche Kant nella sua opera “Critica alla ragion pura” ha evidenziato come il ragionamento empirico sia insufficiente per spiegare una realtà trascendente e personale, ma certamente può portare ad intuire la presenza di un'intelligenza superiore, come avvenuto per Einstein e altri eminenti scienziati. Ma per fare il passo decisivo occorre andare oltre e trascendere il piano della ragione integrando la conoscenza che non può arrivare dai sensi limitati (incluse la mente e l'intelligenza), con una conoscenza interiore che porta a realizzare il divino in noi e la stretta relazione di amore che ci lega.

giovedì 10 dicembre 2009

SCIENZA E VEDANTA - LA FORMA UMANA
E L'EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA (PARTE DODICESIMA).
A cura di Andrea Boni.

(Liberamente tratto e modificato da un articolo di Bhakti Svarupa Damodara Swami)

(L'undicesima Parte è consultabile QUI)


I metodi per ottenere la conoscenza secondo il Vedanta.
L'epistemologia Vedantica indica che l'acquisizione della conoscenza è possibile in tre differenti modi: (1) attraverso la percezione dei sensi (pratyaksha), (2) attraverso l'inferenza (anumana), e (3) attraverso la conoscenza rivelata (shabda). Shrila Jiva Goswami descrive questi metodi nel suo trattato chiamato Tattva sandarbha, in cui, inoltre, esalta lo Shrimad Bhagavatam come l'opera più eccelsa all'interno del panorama Indovedico. Pratyaksha – è la conoscenza ottenuta direttamente attraverso la percezione sensoriale, ovvero attraverso gli occhi, le orecchie, il naso, la pelle e la lingua. La mente è considerata il sesto senso, e quindi anche attraverso essa è possibile acquisire conoscenza. Certamente pratyaksha è un metodo corretto per ottenere la conoscenza (pramana), ma non è un metodo assoluto poiché la percezione sensoriale ha evidenti limiti e pertanto, in quanto tale, non è completa. Tuttavia nella tradizione Vedantica un ricercatore spirituale sincero che persegue una rigorosa disciplina al fine di purificare mente e sensi, quando tale processo raggiunge il culmine, e quindi i sensi materiali hanno subito una trasformazione che li ha portati a diventare spirituali, ha la possibilità, a quel punto, di conoscere la realtà ultima attraverso pratyaksha. Gli spiritualisti avanzati sono quindi in grado di acquisire la conoscenza con questa modalità. Nella Bhagavad Gita Krishna afferma:

Raja-vidya raja-guhyam
Pavitram idam uttamam
Pratyakshavagamam dharmyam
Su-sukham kartum avyayam

“Questo sapere è il re di tutte le scienze, il più segreto dei segreti. E' la conoscenza più pura, e poiché permette di realizzare con percezione diretta la propria vera identità, è la perfezione della religione. Tale conoscenza è eterna e si applica con gioia.” (Bhagavad Gita IX.2)

La conoscenza che consente di accedere ad un piano di comprensione superiore, oltre la materia, è molto confidenziale, pura e la più elevata. Tale conoscenza è ricevuta direttamente (pratyaksha) da colui che si applica sinceramente nell'adorazione del Divino perché ha raggiunto lo stadio di completa purificazione della mente e di tutti i sensi.

Anumana (inferenza) – Significa dedurre qualcosa a partire dall'osservazione di qualcos'altro. Il tipico esempio che viene riportato è quello per il quale viene inferita la presenza del fuoco in un determinato punto dalla sola osservazione del fumo. E' un tipo di conoscenza ulteriore rispetto a quella diretta-sensoriale che nasce dal presupposto di uso della logica. Sia il metodo pratyaksha che il metodo anumana, seppur approcci corretti, hanno comunque dei limiti che sostanzialmente risiedono nel fatto che, come affermato da Shrila Jiva Goswami, la percezione sensoriale è soggetta a quattro limiti. Essi sono:
1) Illusione (bhrama), si pensi ad esempio al miraggio in un deserto;
2) Sono soggetti ad errore (pramada). Il tipico esempio delle scritture è quello di una corda che viene scambiata per un serpente; accade che spesso interpretiamo come vero ciò che i sensi ci fanno percepire e dentro di noi si innescano tutti i meccanismi connessi (si pensi alle scariche di adrenalina nel caso “vedessimo” un serpente quando invece trattasi di una corda!). E così il detto popolare “errare è umano”. A riguardo di ciò è interessante notare che Einstein diceva: “potrebbe essere euristica mente utile tenere a mente cosa uno ha osservato. Ma è sbagliato dedurre una teoria dai soli dati osservati, è la teoria che ci dice cosa noi possiamo osservare”.
3) Campo di ricezione delle informazioni limitato (karanapatava), ovvero i sensi possono percepire solo una porzione molto limitata della realtà, ad esempio l'orecchio umano non può percepire suoni che hanno una frequenza sotto i 20 Hertz (infrasonici) e sopra i 20000 Hertz (ultasonici), e parimenti non è possibile vedere le radiazioni elettromagnetiche nell'ultravioletto o nell'infrarosso.
4) Tendenza ad ingannare (vipralipsa). L'onestà è una qualità dell'essere umano(1) tuttavia qualche volta l'essere è sopraffatto dall'orgoglio, dal falso ego, dall'arroganza, oppure semplicemente la psiche è fortemente condizionata dalle esperienze del passato (samskara) e dagli attributi della natura materiale (i guna). Capita così che una persona tende ad ingannare gli altri al fine di dominare, prevalere, prevaricare, emergere. Secondo il Vedanta un tale atteggiamento è sintomo di una non consapevolezza spirituale.
Shabda (conoscenza rivelata) – nell'approccio vedantico, shabda è il metodo più corretto per ottenere la conoscenza poiché arriva direttamente dalla Verità Assoluta e trascendente.,ed entra così direttamente nel cuore di persone che hanno raggiunto livelli di coscienza particolarmente elevati e tali da sviluppare un livello di sensibilità che trascende il limitato piano sensoriale. Su questo piano c'è la comprensione della Verità Assoluta come la causa di tutte le cause. Se ci pensiamo bene chiunque ed in qualunque campo del sapere umano (della scienza, dell'arte, ecc.) riceve la conoscenza attraverso l'ispirazione di una qualche forma di “guida”. Anche questo tipo di conoscenza può essere interpretata come conoscenza “rivelata”. Quella che riguarda il piano assoluto, trascendente, arriva direttamente dalla Coscienza Suprema, Dio.

Krishna dice nella Bhagavad gita:

Sarvasya caham hrd isannivishto
Mattah smritir jnanam apohanam ca
Vedaish ca sarvair aham eva vedyo
Vedanta-krd veda-vid eva caham

“Sono nel cuore di ogni essere vivente e da Me viene il ricordo, la conoscenza e l'oblio. Il fine di tutti i Veda e quello di conoscerMi. In verità Io sono colui che ha composto il vedanta e sono colui che conosce i Veda”. Bhagavad-Gita 15.15.

E da Quella fontei che arriva la conoscenza più profonda, quella che non può essere compresa sul piano logico razionale.

(1) Marco Ferrini, Le 26 Qualità del Ricercatore Spirituale, Edizioni CSB.

mercoledì 9 dicembre 2009

SEMINARIO INVERNALE CSB 2009/2010

La Scienza della Meditazione e la Trasformazione Evolutiva della Personalità.
Analisi e commento del Kaivalya Pada.

Imparare l'arte della meditazione per favorire la liberazione dai condizionamenti e lo sviluppo della gioia nella relazione d'amore con Dio, con sé e con gli altri.


Pinarella di Cervia (RA), dal 27 Dicembre 2009 al 3 Gennaio 2010 - Struttura sul lungomare.

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